[Non-recensione] Fan della vita impossibile - Kate Scelsa

Titolo: Fan della vita impossibile
Autore: Kate Scelsa
Editore: Mondadori
Anno: 2016
Num. Pagine: 229
Prezzo ebook:  6,99€
Prezzo cartaceo: 18.00€

Sinossi:
«Eravamo tre corpi che non sapevano dove finiva l'uno e dove cominciava l'altro, tre corpi che respiravano all'unisono. Sapevamo che saremmo dovuti tornare a essere tre persone separate, costrette a respirare da sole. Ma non ancora. No, non ancora.» È un anno incredibile quello che stanno per vivere Mira, Sebby e Jeremy. Uno di quelli che non dovrebbero finire mai e che ti cambiano per sempre.
Nulla è semplice per loro tre: non lo è per Mira, che ha promesso ai genitori che cercherà di comportarsi come una normale studentessa di sedici anni, anche se preferirebbe rimanersene rannicchiata tutto il giorno nel proprio letto; non lo è per Sebby, che porta il sole ovunque ma continua a essere preso a calci dalla vita. E non lo è nemmeno per Jeremy, che rientra a scuola pieno di paure a un anno da "quel brutto incidente", e subito viene catturato dallo sguardo magnetico di Sebby.
La loro unica certezza, fin dall'istante in cui si incontrano e si scelgono, è che insieme sono capaci di crearsi un mondo tutto loro, fatto di luoghi speciali, piccoli riti e fughe segrete, dove aspettare che la notte finisca. Perché ogni notte finisce, prima o poi.
Fan della vita impossibile è una storia d'amore e d'amicizia bellissima e struggente, che racconta quanto sia importante incontrare qualcuno che ti vede per quello che sei realmente. Ma soprattutto cosa significhi sentirsi diversi e alla ricerca di un mondo in cui vivere una vita, forse, impossibile.

La non-recensione:
Questo è uno di quei libri che, quando si inizia a entrare nella dinamica della storia, a subodorare i punti salienti e a conoscere i personaggi, fa pensare “Ecco il mio nuovo libro preferito”.
Salvo poi terminarlo, guardarsi un attimo intorno spaesati e ritrattare: “No, scherzavo”.

Il che è davvero un peccato perché questo romanzo di frecce al suo arco ne aveva tante, tantissime. La prosa è attuale, godibile, sempre azzeccata e mai eccessiva o fuori luogo, i dialoghi - gradino in cui inciampano troppi scrittori - sono ottime rifiniture della narrazione, e la storia di per sé è un connubio di avvenimenti e cornici che stupiscono piacevolmente, sia per i temi trattati, sia per la semplicità con cui vengono maneggiati.
Peccato per…

Procediamo con ordine.

Intreccio: Jeremy, Mira e Sebby - scusate ma ho un lieve capogiro ogni volta che mi scontro con questo nick… come diminutivo di Sebastian un Seb sarebbe bastato e avanzato - sono tre adolescenti con differenti problematiche e passati con diversi gradi di turbolenze.
Jeremy è stato vittima di bullismo per via dell’orientamento sessuale suo e della sua famiglia arcobaleno; Mira ha alle spalle un tentato suicidio e una depressione cronica; Sebby (urgh!) è un orfano stanziato in una casa-famiglia che somiglia più a una stalla e che vive alla giornata per non accorgersi della solitudine che lo divora nell’anima.
I tre, in momenti e per ragioni dissimili, s’incontrano, si piacciono e cominciano a sviluppare un’amicizia che ha le sfumature di un sodalizio rituale, un legame reciproco che li accomuna come gli adepti di un esclusivo culto glitterato che, almeno per un po’, li fa sentire parte di qualcosa di buono.
Il romanzo si snoda attraverso brevi capitoli che sono i POV dei tre, a ognuno dei quali l’autrice ha donato un’io narrante differente - mossa che a parer mio si è rivelata intelligente e ben costruita. Abbiamo così una panoramica degli eventi principali ma anche di qualcuno secondario, abbiamo modo di notare i piccoli passi che i tre compiono l’uno verso gli altri, qualche agile flashback per comprendere come le cose siano giunte al presente, e lo stile limpido della Scelsa riesce a delineare gli ingredienti fino a farceli piacere perché naturali, spontanei, quasi talmente quotidiani da far pensare di esservi coinvolti anche noi.
E poi…
Già, e poi?

La terza e ultima parte del libro ci racconta un po’ di movimento: il climax che abbiamo conosciuto finora si sgretola, Sebby (ek!) cede poco a poco ai demoni che si porta dentro e mentre lui si allontana gli altri due sentono i fili del loro acchiappasogni tendersi fino a spezzarsi, fino a lasciar cadere a terra piume e perline che l’avevano costituito. Mira si sente sopraffare, anche se il lettore arriva a comprendere che non è una vera e propria caduta nell’oblio bensì un comprensibile, ammissibile momento di smarrimento, e Jeremy - beh - dal canto mio è troppo nella media per fare più di quel che in effetti fa.
La situazione non è che precipiti ma non è tutto rose e fiori, e indi Fan della vita impossibile si conclude con un moncone.
Anzi, nel mio caso si è concluso con: “Beh, e quindi che cazzo succede dopo?!”


Non mi prendo la briga di chiamarlo finale aperto perché tale non lo si può considerare.

A mio modesto e non condivisibile parere, il maggior problema di questo romanzo è che la trama non ingrana perché non glien’è stata concessa la possibilità.
Le prime due parti sono composte da excursus sulle vite dei protagonisti, da brevi salti nel tempo per dar loro spessore, da rifiniture dei backgrounds a cui appartengono, e per quanto alcune cose accadano intorno a essi sembra che i tre rimangano rinchiusi nell’accogliente bolla in cui si sono rifugiati senza badare a niente che vi fosse oltre, e senza mutare di una virgola i loro pensieri e le loro emozioni in relazione al mondo esterno. Era ovvio che prima o poi qualcosa sarebbe giunto a rompere l’equilibrio instabile creatosi, ma purtroppo i tre protagonisti, pur avendo alle spalle mesi di relazioni, vicende e cambiamenti, non sono stati in grado di affrontare la crisi. Non ci hanno neanche provato.
Qui sta la questione: in questi personaggi non c’è quasi stata alcuna crescita personale.
A parte una piccola parentesi per Jeremy - la cui vita sociale ha subito un discreto progresso rispetto al prologo - i protagonisti sono rimasti gli stessi delle prime pagine. Nessuno è diventato più forte, nessuno ha raggiunto la consapevolezza di poter, o voler, migliorare, nessuno si è dato granché da fare per superare le proprie paure, nessuno ha guardato avanti con l’intenzione di uscire da quella bolla accogliente, limitandosi ad assistere alla sua disgregazione.
Le quattro paginette di epilogo sembrano un contentino abbozzato, una nota di debole positività che però, di nuovo, non garantisce che qualcosa si sia modificato nei tre amici e sotto sotto rimane il dubbio che l’indolenza di gruppo si rinnovi ancora più deleteria di prima.

Mi sono piaciuti questi tre protagonisti: realistici, non ridicoli ed enfatizzati, le complicazioni che si trovano ad affrontare sono credibili e veritiere, non portate all’apoteosi sino a diventare farse - vedi Golden Boy di Abigail Tarttlein, in cui si fatica a capire chi sia più ottuso tra il personaggio principale, la madre o l’autrice stessa - ed è stato un dispiacere notare che la fiducia riposta in loro non abbia dato frutti.
Sia chiaro, si sta parlando di circostanze specifiche e complesse da cui non è così facile districarsi e che non posso certo biasimare, ma non mi esimo dal lamentarmi delle possibilità mancate, in particolare riguardo Jeremy.
Dei tre è quello con un trascorso meno traumatico - se messo in confronto con Mira e Sebby (erg!) - e mi sarei aspettata qualche sforzo in più da parte sua nel cercare di mantenere salda quell’amicizia che, come afferma, l’aveva fatto stare meglio. L’incrinarsi degli accadimenti era l’occasione buona perché i ruoli si scambiassero e diventasse lui il collante, quello “forte” in grado di riparare i fili e aiutare entrambi gli amici, e invece è rimasto una figura passiva sullo sfondo, spettatore di un declino che oltretutto ha palesato la debolezza di quel rapporto a cui i tre sembravano essersi affidati con trasporto.
O forse avevano solo fatto finta.

È mia abitudine, prima di impegnarmi nella lettura di un nuovo libro, girovagare su Goodreads per curiosare tra i commenti. Come saprete non mi affido mai alle stelline che distribuiscono altri, ma leggiucchiare pareri è utile per farsi almeno un’idea del contenuto di cosa si sta per affrontare, e con obiettività spesso si è in grado di capire se può piacere o meno.
Per Fan della vita impossibile moltissime sono le recensioni - in lingua inglese perlopiù - entusiastiche, e in molte di queste ho riscontrato una certa tendenza riassumibile con “Waaaaaa, c’è un triangolo bisex, uuuuuhhhh!!”.
Io ve lo dico: il triangolo bisex non l’ho visto.
Pensare che sia un genere di amore romantico quello che unisce Jeremy, Mira e Sebby (gnnn!) mi sembra un’analisi scorretta, superficiale e impropria. Semmai si tratta di appartenenza. Tre ragazzi disorientati, spaventati dall’esistenza, che hanno smarrito la strada e non è facile ritrovarla, tre persone che per salvarsi stringono un inconscio patto che li mantiene al sicuro quando sono insieme, tentano di sostenersi a vicenda e diviene una sorta di dipendenza reciproca che si manifesta a scuola, nelle loro abitazioni, nel sesso (o quella cosa vi somiglia), almeno fin quando uno di essi non crolla evidenziando la fragilità che ognuno aveva cercato di ignorare ma mai di superare.

È un romanzo la cui intensità non si coglie nell’immediato. È interessante per la bellissima varietà di realtà che l’autrice mette a disposizione - genitorialità omosessuale, famiglia affidataria, genitorialità interrazziale, lesbismo e pansessualità - e lo fa senza sentirsi in dovere di giustificarne nessuna agli occhi del lettore, discorrendone con una tranquilla noncuranza che sa tanto di libertà conquistata.
Sfortunatamente la pecca rimane il finale-non-finale, un piede sospeso nel vuoto il cui esito è incerto, tremolante, forse che non piacerà neppure. Ma che avrei voluto leggere, perché in fondo a questi tre ci si tiene.

Piccola nota di merito per Mondadori. Le major italiane si sono sempre tenute un po’ in disparte nei confronti della letteratura LGBT (che non è il cosiddetto M/M, specifico), e malgrado questo romanzo non rientrerà mai tra i miei preferiti la sua struttura rimane un bel messaggio.
Che si scriva di gay, lesbiche, intersessuali, bianchi, neri, gialli, brutti, belli e via dicendo, l’unica cosa che a un lettore importa è leggere una storia.
Se poi fosse bella, ancora meglio.

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