Breve vademecum per sopravvivere alle critiche
Quanto è bello ricevere recensioni.
Sul serio, è una sensazione straordinaria.
È un piacere quando una persona che non si conosce, che non si è mai vista e con cui non si è mai parlato, con cui non si sa nemmeno di aver qualcosa in comune, lascia un commento alla nostra opera dichiarando di averla apprezzata, di amarla, di aver sognato e riso e pianto sulle nostre parole, su quelle che noi abbiamo scritto.
È una soddisfazione, una gratificazione, il completamento di un percorso, il coronamento di una creazione. Fa piacere, insomma.
Fa molto meno piacere una critica.
Ed è proprio di queste ultime che voglio trattare in questo articoletto.
Si sa, in Italia (e forse non solo) sono tutti scrittori o poeti.
Se anni fa l’unico modo per sfogare questa passione era mettersi d’impegno con una bella penna - stilografica o a sfera - e consumare litri di inchiostro, o attraverso una bella macchina da scrivere Olivetti, l’avvento del computer ha aiutato ad avere molti meno crampi allo scafoide e a spendere meno denari in quintali di Bic.
Al computer però si aggiunse internet, e questo aprì centinaia di porte a questi “scrittori” che in siti, forum, blog, community, social network trovarono terreno fertile per la propria persona: ovvero i lettori.
Limitarsi a vagolare nella sfera amatoriale, comunque, non nuoceva a nessuno, creava alleanze e amicizie, ci si scambiavano opinioni, si rideva e si piangeva insieme, in un clima che tutto sommato era quello di un campo scout dove, pur tra simpatie e inimicizie, si conviveva senza drammi eccessivi.
Ora l’editoria sembra essere venuta incontro a questi “scrittori”. Talmente incontro che, si può dire, sono sullo stesso livello.
Case editrici imbastite chi alla meglio chi alla peggio, budget limitati, individui più o meno qualificati che senza distinzione si occupano di selezioni, editing, correzioni, impaginazioni, pubblicazioni nella maggioranza dei casi prettamente digitali perché non importa quanto sia cane l’autore pubblicato, da un file digitale si può sempre guadagnare qualcosina, al contrario di un’onerosa versione cartacea.
Poi, il self.
Odiato e amato self. Salvezza dei popoli e veleno degli intellettuali.
L’autopubblicazione che ha inaugurato la strada a tutti quegli autori che, forse galvanizzati dal successo [cit. necessaria] di amici e/o conoscenti, provava il desiderio di sentirsi, per una volta nella vita, un novello Eco.
O una Novella 2000.
Ed ecco che ritorniamo alle fantomatiche critiche.
Du-du-duuuuuuuuuun.
Già. Non chiedetemi perché, ma pare che molti autori facciano una tremenda fatica a mandar giù una recensione negativa, che essa sia stata lasciata da un blog oppure in un commento su uno store on-line. A chi non è mai capitato di averne uno tra i contatti di Facebook (più di rado Twitter, Google+ o altri social) e di incappare in un post al vetriolo dove il suddetto autore si lancia in una sicumera di decine e decine di righe dove ridicolizza - o quello è il tentativo - un’aspra recensione ricevuta?
Si sforza di sindacare su ogni singola frase, giudica la grammatica e l’ortografia della recensione, insinua velate ipotesi sulla sanità mentale della madre del recensore, e si getta tra le braccia degli affezionatissimi amici per aver rassicurazioni sul proprio talento, in barba a quel cattivone che ha osato proferire parole non positive sul frutto della sua fatica.
Quello che mi accingo ora a stilare è un breve (mento sapendo di mentire) vademecum per questi autori per cui il rospo da mandar giù è indigesto.
Piccoli suggerimenti per attutire il colpo, per agevolare il capovolgimento della prospettiva, per aiutare a rendersi conto che a volte la stizza peggiora la situazione, anziché renderla più sopportabile.
E ricordate, lo sto facendo per voi.
1. Non accampate giustificazioni idiote.
a. Qual è la risposta standard di un autore la cui opera è stata criticata? “La tua è tutta invidia.”
No. Solo, no. Ragionate. Una persona vi ha scritto una postilla in cui afferma che la vostra opera è povera di lessico, la storia fa acqua da tutte le parti, i personaggi sono insipidi quanto pasta non salata, il finale è il risultato di un deus ex machina clamoroso: secondo quale criterio potrebbe essere invidioso? Invidioso del vostro povero italiano? Della vostra scarsa capacità di costruire una trama? Della vostra incapacità di creare situazioni credibili?
O invidia perché voi avete pubblicato e il vostro critico no? Levatevelo dalla testa. Se siete self questa teoria non dovrebbe nemmeno sfiorarvi il cervello - e per ragioni lapalissiane - se invece siete stati pubblicati da una casa editrice ricordate che, spesso, non significa che siete stati scelti per chissà quali grandi doti. Rileggete il vostro contratto per rendervene conto.
Smettetela di giustificare la delusione che provate sperando in un improbabile desiderio di terzi di essere come voi, perché in realtà, questo desiderio, è vostro.
b. Altra reazione impulsiva e omologata, un must che per la metà dei casi non ci si fa mancare è: “Cosa ne vuoi sapere tu, che non hai pubblicato neanche un racconto?!”
Supposta di saggezza: prima di essere scrittori si è lettori. È matematico. È assiomatico. Se non siete lettori, non siete né autori né tantomeno scrittori. Leggere è ciò che rende la vostra mente elastica, creativa, colma di idee e alternative, che fa conoscere stili, idiomi, modi di dire, che vi pone in condizioni di comprendere non solo le parole scritte ma anche il loro significato, dandovi quindi un grande supporto nel sopperire all’analfabetismo funzionale.
Perciò ficcatevi in testa che chi non scrive non può essere tacciato di ignoranza riguardo il campo della scrittura perché, per quanto ne sapete, il vostro recensore potrebbe aver letto cose che di cui voi non sapreste neppure concepire la copertina.
2. Lasciate l’egocentrismo nel cassetto assieme ai vostri sogni.
Chi vi lascia una critica nel 99% dei casi non è uno stalker. Non vi odia in maniera viscerale, non spende il suo tempo analizzando i vostri canali e spulciando i vostri link, non studia a tavolino ogni modo e stratagemma per ferirvi, molestarvi, disturbarvi, farvi star male 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Voi, e le vostre opere, non siete il suo mondo. Semplicemente è una persona incappata nel vostro scritto, l’ha comprato (leggi: ha contribuito con denaro sonante), l’ha letto, non gli è piaciuto e si è sentito in dovere di dire la sua.
Tutto qui.
3. Non date da mangiare ai troll.
Nel punto 2 ho parlato del 99%; i troll rappresentano quell’1% che sì, per quanto raro ogni tanto può giungere con l’intento di frantumare epididimi. Ne possiamo trovare di due tipi:
a. Vi conoscono. Probabilmente avete già interagito con loro qualche volta, magari ci avete pure battibeccato su chissà quale argomento, fate parte dello stesso fandom/gruppo/pagina/community, e vi è sempre stato chiaro che sono degli attaccabrighe.
b. Non vi conoscono manco di striscio. Sono soltanto tizi che per puro caso hanno raggiunto voi, o un vostro scritto, e hanno trovato un terreno fertile dove seminare zizzania.
Il troll è quell’essere circa umano che ha abbastanza tempo da perdere ed energie da sprecare per informarsi sull’opera presa di mira quel tanto che basta per poterla criticare (a ragione? A torto?).
Supposta di saggezza: il troll è mosso dal puro e nudo scopo di fare polemica, di sollevare un po’ di polvere o, nel peggiore dei casi, di scatenare un flame che Illior ve ne scampi, non ve ne caverete fuori indenni, perché lui è un esperto di queste cose mentre voi plausibilmente no.
Come proteggersi? Ignorateli.
Non comportatevi come descritto al punto 4 e fate una cosa che forse non avete mai fatto prima: fatevi furbi. Non c’è niente di più bello, per un troll, che scorrere la vostra bacheca e leggere le vostre assurde sfuriate per poi usarle per ripartire all’attacco, alimentando l’escalation di delirio da cui, statene certi, sarete gli unici a uscirne beffati e col fegato a pezzi.
Ricordate comunque che questa è la possibilità meno probabile che vi possa accadere, quindi… tenete a mente il punto 2.
4. Piantatela di rendervi ridicoli su pubbliche piazze.
Evitate di reagire come bimbi delle scuole elementari, cioè correndo dagli amyketti - o da quelli che credete tali - e dai genitori - se questi sono del tipo iperprotettivo - per sfogare il vostro rancore attraverso l’immenso canale dei social, per una questione assai semplice.
Il 5% di chi interagirà con voi sarà d’accordo col vostro dolore e con la vostra rabbia. Il restante 95% penserà che siete quel che sembrate: infantili e patetici.
E, detta con onestà, quale lettore prenderebbe sul serio un autore infantile e patetico?
5. Siate obiettivi.
Prima di fare sceen, lanciarvi a spron battuto nel punto 4, fingere agro sarcasmo per mascherare la stizza, infilare decine di emoji sorridenti nelle vostre frasi per mascherare il rosicamento che vi sta consumando da dentro, riflettete sul fatto che la critica potrebbe aver ragione.
Lo so, non è affatto piacevole, ma è necessario.
Per quanto sia bello crederlo, non tutti possono essere/diventare scrittori, non tutti sono bravi pur avendo passione, non tutti sono portati per realizzare un certo desiderio.
Pertanto, anche se il cuore lacrima sangue, prendete in considerazione la possibilità di fare pena, e agite di conseguenza.
6. Cercate di essere costruttivi.
Al contrario di quel che pensate, chi vi critica non è una persona dimmerda, priva di una vita sociale e affettiva, stronza, isterica, acida, malanimosa e in perenne in odio col mondo: ha solo spirito critico.
Per cui se manca a voi, sfruttate lo spirito altrui per migliorarvi: contattate, quando c’è l’opportunità, questa persona per farvi spiegare in assoluta tranquillità cosa secondo lei non va nel vostro testo, chiedete qualche consiglio, guardate la vostra opera da un altro punto di vista e RICORDATE IL PUNTO 5: siate obiettivi nel giudicare voi stessi.
Non è detto che l’altra persona abbia assolutamente ragione, ma niente è perfetto, tantomeno voi, e prendere coscienza che si può migliorare è la miglior maniera per incominciare a farlo. Inoltre questo comportamento denoterà maturità, una maturità che colui che vi ha criticato noterà e, se prima vi considerava uno scribacchino sciapo e incapace, è assai probabile che inizierà a provare rispetto per voi.
E il rispetto dei lettori può aggiudicarvi un futuro.
7. Non potete piacere a tutti.
Siamo esseri umani e in quanto tali siamo diversi. Tutti. L’uno dall’altro.
Umberto Eco piace a tanti ma non a tutti, J. K. Rowling è osannata ma c’è chi non la può compatire (tipo io), Manzoni è il peggio nemico di metà del popolo italiano, ma taluni lo osannano manco fosse una rockstar, e così all’infinito per ogni scrittore, o attore, o musicista, o artista o creativo esistito o esistente su questa terra.
Quindi, statene certi, potreste anche aver scritto il romanzo del secolo ma qualcuno lo odierà, semplicemente perché non è nelle sue corde. E non c’è nulla di male in questo. Non prendetela sul personale, non frignate, non dannatevi l’anima sforzandovi di soddisfare ogni gusto: non ce la farete.
Credete di aver svolto un ottimo lavoro ma non è stato apprezzato da qualcuno? Ok. Get over it. Succede. Prendete atto della cosa, rileggetevi i punti precedenti (soprattutto il punto 6 che non fa mai male) e procedete con la vostra vita, che è troppo breve per essere spesa lamentandosi.
8. Ogni lettore ha il diritto di criticare come gli pare e quando gli pare.
Ripeto l’incipit dell’articolo: a tutti piace ricevere una bella recensione. Anzi, non appena pubblichiamo qualcosa di nostro - che si tratti di una fanfiction su un sito, di un racconto su un blog o un romanzo nelle librerie digitali e non - passiamo qualche giorno in frenetica attesa di responsi. Aneliamo che qualcuno ci faccia i complimenti perché vogliamo condividere la gioia della creazione, sentire che qualcuno ha apprezzato i nostri sforzi, sapere che ne pensa il pubblico di quella cosa o della tal altra.
Ci sono autori che addirittura si offendono e minacciano di smettere di scrivere se non ricevono alcuna recensione (LOL), altri che creano congreghe di amyketti per sbrodolarsi complimenti a vicenda, altri ancora che pagano quattrini per accaparrarsi qualche stellina. E nessuno se ne lamenta.
Poi arriva la critica, e la risposta a questa è: “Se non ti è piaciuto avresti potuto chiudere e passare ad altro, non c’era bisogno di venire qui a dirmelo.”
Eh no, cocchi.
Chiariamoci. I lettori sono quelle creature un terzo umane, un terzo cellulosa e un terzo byte che per la maggior parte dei casi acquistano ciò che leggono, ergo spendono soldi. In seguito spendono forse qualcosa di più prezioso, ovvero la loro attenzione, il loro tempo, a volte persino qualche pezzetto del loro cuore, per leggere. E cosa accade se le aspettative, le speranze, i bisogni di costoro vengono disattesi? Usufruiscono del loro diritto di criticare.
Come voi avete avvertito la personale esigenza di pubblicare, avete dato la possibilità al resto del mondo di leggervi, di apprezzarvi, di amarvi. Ma anche di leggervi, di criticarvi, di disprezzarvi, di trovarvi degli incapaci e degli ignoranti.
Non volete correre il rischio di ricevere una recensione negativa?
Non pubblicate.
Punto.
*Livin si inchina e vola via*
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